giovedì 6 giugno 2013

Il treno e l'arte

Da quando sono apparsi, ormai duecento anni fa, i treni sono considerati simboli di un progresso e di una tecnologia che guarda al futuro; da subito il treno si carica di valenze sentimentali e poetiche: nasce il mito del viaggio romantico,attraverso luoghi lontani e sconosciuti, che si possono raggiungere sono con questo nuovo misterioso mezzo di trasporto.Se si procede a ritroso nella storia dell'arte e della letteratura si possono rintracciare gli effetti emozionali che produsse la diffusione del treno e gli elementi che più stupirono le persone di allora (prima fra tutti la velocità).
Sin dalle prime locomotive a vapore, che fanno la loro comparsa intorno al 1830 in Inghilterra e negli Stati Uniti, il "mostro metallico" ha scatenato atteggiamenti o di aperta avversione o di smisurata meraviglia, che si sono protratti nel tempo.

La prima apparizione del treno in ambito artistico è Pioggia, vapore e velocità (1844) di William Turner di cui ho già trattato nei post Se fosse... un quadro!.
Turner fu poi seguito da pittori esponenti del Romanticismo e dell'Impressionismo (tra cui Monet e Renoir): queste due correnti guardavano al nuovo mezzo di trasporto come un simbolo del rapporto tra uomo e natura; inoltre, trovarono in esso un buon soggetto per utilizzare a pieno nuovi stili di pittura, per la resa del vapore, della velocità, del fumo. Bisogna infatti ricordare che, con la diffusione della fotografia da metà Ottocento, gli artisti dovettero trovare un nuovo modo per esprimersi, non cercano più di copiare la realtà con il pennello (ruolo destinato alla fotografia), ma di interpretarla, a modo loro. E' questo l'inizio del percorso che porterà gli artisti ad allontanarsi sempre più dalla rappresentazione del reale, per giungere alla pittura astratta.

Claude Monet, Il treno nella neve, 1875.



La totale affermazione del treno come soggetto artistico avvenne però con il Futurismo italiano, di cui ho già trattato nel post Il Futurismo e l'automobile.
Il treno, come già l'auto, la biciclette e poi l'aereo, sono strumenti meccanici ammirati e osannati per la loro forza e per bellezza delle linee e della struttura metallica; il treno, la città industriale, la stazione e lo sbuffare delle locomotive saranno elementi non solo presenti, ma rappresentativi, come dichiaravano le parole di Marinetti su Le figaro nel 1909:
noi canteremo […] le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavallini d’acciaio imbrigliati di tubi…


Fortunato Depero, Il treno partorito da sole, 1924.


L. Russolo, Dinamismo di un treno, 1912.
Umberto Boccioni, Gli addii, 1911.


Anche la pittura metafisica di De Chirico inserì spesso la sagoma inconfondibile di un treno in varie opere; esso è spesso collocato sullo sfondo, in dimensioni molto ridotte ma, nonostante ciò, non si può dire che occupi un posto poco rilevante.
Sulle locomotive come su vagoni non vi è traccia di vita, nessun passeggero, nessun macchinista a governare il vapore: statico, come le bandiere sulle costruzioni. I treni di De Chirico non hanno né origine, né meta, ma solo un valore simbolico: sono, come le ciminiere, le fabbriche, le baracche più anonime, emblemi del mondo moderno, familiare ma inquietante e inconoscibile.

Giogio De Chirico, Piazza d'Italia, 1962.

  Nei quadri di De Chirico è sempre presente qualcosa che evoca la presenza umana (un treno che transita, una costruzione che qualcuno deve aver costruito), ma tutto è svuotato della vita; anche il treno, che per altri era sinonimo di forza e velocità, qui è fermo come una statua.

Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia, 1961.




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